C’è spesso confusione tra quello che i sensori multispettrali registrano e quello che realmente interessa al tecnico per poter valutare lo stato di salute delle piante.
La riflessione è un fenomeno fisico che interessa tutti i corpi ed è proprio ciò che i sensori impiegati in agricoltura di precisione si propongono di rilevare. Il non corretto rilevamento, o la non corretta interpretazione, di questa grandezza radiometrica può portare a generare errori che a cascata si ripercuoteranno sugli indici di vegetazione e, quindi, sulle mappe di prescrizione.

1. Interazione radiazione-superficie

Quando si parla di grandezze radiometriche ci si riferisce a quelle grandezze fisiche relative alla radiazione elettromagnetica.
La misura della radiazione elettromagnetica riflessa eseguita dai sensori multispettrali o iperspettrali impiegati nel telerilevamento, dipende da quattro fattori:
1. il tempo di integrazione del sensore Δt;
2. l’area rilevata dal sensore dA;
3. l’angolo solido (espresso in steradianti), o apertura, Δω entro il quale il sensore rileva la radiazione elettromagnetica;
4. la banda spettrale Δλ, ovvero l’intervallo spettrale registrato dal sensore.

Le grandezze fondamentali nel campo del telerilevamento, sono:
1. l’energia radiante Q, ovvero l’energia elettromagnetica trasportata dall’onda;
2. il flusso radiante, o potenza, Φ, ovvero la quantità d’energia radiante trasferita nell’unità di tempo da una superficie all’altra;
3. la radianza L, ovvero la quantità di radiazione elettromagnetica riflessa da una superficie di area unitaria, e diretta verso un angolo solido unitario in una direzione indicata, misurata su un piano perpendicolare a quest’ultima.
La radianza rappresenta la grandezza fondamentale nel telerilevamento ed è molto utile per quantificare la luce riflessa da un oggetto che viene ricevuta da un sensore rivolto verso di essa. Questa quantità fisica è legata sia alla geometria dell’osservazione, sia alle caratteristiche del sensore e permette di descrivere come la radiazione si distribuisce nello spazio.
La radianza è definita dalla seguente relazione:

radianza La Riflettività e i Sensori Multispettrali

dove:
L è la radianza (W·m-2·sr-1);
Φ è la potenza (W);
θ è l’angolo compreso tra la normale alla superficie e la direzione specificata;
A è la superficie emittente (m2);
Ω è l’angolo solido (sr).
Quando la radiazione elettromagnetica colpisce una superficie qualsiasi sono possibili tre meccanismi di interazione: riflessione, assorbimento, trasmissione. Una parte del flusso radiante incidente Φi viene riflessa Φr, una parte viene assorbita Φa, e la restante viene trasmessa Φt.
Per il principio di conservazione dell’energia si avrà quindi: Φi = Φr + Φa + Φt.
Si definiscono i tre coefficienti seguenti:
– coefficiente di riflessione o riflettività, ρ = Φr/Φi
– coefficiente di assorbimento o assorbività, α = Φa/Φi
– coefficiente di trasmissione o trasmissività, τ= Φt/Φi
I valori che tali coefficienti possono assumere dipendono dalla lunghezza d’onda, dal materiale e dalla rugosità della superficie radiante. Riscrivendo il principio della conservazione dell’energia con i coefficienti adimensionali di cui sopra, si ha: ρ + α + τ = 1.
Ogni oggetto è caratterizzato da una propria capacità di riflessione, assorbimento e trasmissione delle onde elettromagnetiche. Tuttavia, la gran parte delle superfici risulta opaca o caratterizzata da valori di trasmissività τ pressoché trascurabili.
Per un corpo opaco si ha: ρ + α = 1.
Considerando che un corpo con un’alta assorbività avrà anche un’alta emissività (legge di Kirchhoff α = ε), la relazione precedente può essere riscritta così: ρ + ε = 1.
Per le superfici reali, poichè hanno una forte dipendenza dalla lunghezza d’onda considerata, l’equazione diventa: ρλ + ελ = 1.
In definitiva, possiamo affermare che il flusso radiante proveniente da una qualsiasi superficie sarà dato principalmente dal contributo dell’energia riflessa ed emessa.

2. La riflettività

I sensori multispettrali e iperspettrali operano nelle regioni dello spettro elettromagnetico in cui le lunghezze d’onda sono principalmente riflesse ed quindi per questo che le proprietà riflettive delle superfici sono di grande interesse.
Le modalità con cui una superficie riflette dipendono dalla rugosità della superficie e dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente.
La riflettività ρ permette di definire la firma spettrale di una superficie e quindi di identificarla.
La firma spettrale è una curva che indica la capacità di una superficie di riflettere l’energia incidente alle varie lunghezze d’onda e può essere espressa con la seguente relazione:

riflettanza-e1516315753944 La Riflettività e i Sensori Multispettrali

Le lunghezze d’onda che di solito interessano in agricoltura di precisione sono tra l’ultravioletto e l’infrarosso, ovvero tra 400 nm e 2500 nm.
La curva di riflettanza di una superficie dipende da:
– ora e data (posizione sole)
– condizione fisico-chimica della superficie
– geometria della superficie
– geometria e punto di vista del sensore

3. L’effetto atmosferico

L’atmosfera, così come gli oggetti, può assorbire, riflettere o trasmettere la radiazione elettromagnetica in modo diverso nello spazio e nel tempo, costituendo di fatto un disturbo che va poi a scaturire in un errore sui dati raccolti.
Nel suo percorso dal bersaglio al sensore, infatti, l’energia elettromagnetica viene interessata da fenomeni legati alla presenza nell’atmosfera di particelle in sospensione (aerosol) che causano il cosiddetto effetto atmosferico, alterando, ed in particolare diminuendo, il valore di radianza originario e quindi andando a compromettere il rilievo della riflettività.
L’interazione fra l’onda elettromagnetica e l’atmosfera si compone di due meccanismi principali che agiscono sulla radiazione solare:
– l’assorbimento, che riduce l’energia dell’onda che arriva sulla Terra trasformandola in calore
– la diffusione o scattering, che cambia la direzione di propagazione dell’onda nello spazio
L’effetto globale di questi due fenomeni è quello di ridurre il flusso radiante incidente.
Il fenomeno dell’assorbimento, in particolare, agisce come un filtro selettivo rendendo l’atmosfera opaca in determinati intervalli dello spettro elettromagnetico.

spettro-solare-600x462 La Riflettività e i Sensori Multispettrali

4. Le immagini telerilevate

4.1 Digital Number e Radianza

Quanto detto finora è di fondamentale importanza per capire cosa rappresenta realmente un’immagine rilevata con un sensore multispettrale e quindi per capire tutto ciò che ne deriva, mappe degli indici di vegetazione comprese.
Innanzitutto, le immagini rilevate dal sensore sono immagini digitali in cui la scena rilevata viene rappresentata mediante una matrice di pixel, ognuno dei quali è caratterizzato da un numero intero positivo, il DN (Digital Number), che corrisponde alla radianza media dell’area coperta da ciascun pixel.
Il DN può essere reso visivamente con un colore o con una sfumatura di grigio. Il numero di sfumature disponibili dipende dalla memoria di ciascun pixel, espressa in bit, che corrisponde alla risoluzione radiometrica del sistema di osservazione.
Ogni pixel costituente l’immagine risulta caratterizzato da tre valori:
1) le due variabili spaziali x e y, che individuano la posizione del pixel all’interno dell’immagine
2) il DN, correlato all’intensità della radianza al suolo, che indica il valore della sfumatura di colore, o di grigio, assunto da ogni singolo pixel.
I DN sono valori interi positivi che si ottengono da una quantizzazione del segnale elettrico originario, attraverso un processo di conversione del segnale, che li traduce in livelli di grigio o di intensità luminosa.
Ogni banda spettrale registrata dal sensore ha una funzione di risposta caratteristica per effettuare la conversione analogico-digitale del segnale elettrico.
La funzione di risposta radiometrica per una banda viene generalmente rappresentata attraverso una funzione di conversione di tipo lineare espressa da:

digital-number La Riflettività e i Sensori Multispettrali

dove:
DN = Digital Number;
G = guadagno o gain;
Lλ = radianza spettrale incidente sul sensore (W·m-2·sr-1μm-1);
B = intercetta o offset, ovvero segnale residuo quando Lλ = 0.

dn-radianza-600x483 La Riflettività e i Sensori Multispettrali

Nel processo di acquisizione dell’immagine mediante un sensore, il segnale in input è costituito dai valori di radianza L proveniente dalla scena osservata, mentre il segnale di output è costituito dai valori assunti dai DN all’interno dell’immagine.
Un’immagine rilevata da un sensore è quindi una matrice di numeri, che deriva dalla traduzione in valori numerici della quantità d’energia riflessa da un oggetto. Per poter essere tradotti in un’immagine, i DN devono subire un processo inverso di trasformazione dal numerico all’analogico, attraverso il quale è possibile passare dai valori dei pixel della matrice alla luminosità di visualizzazione sullo schermo.
Nel caso di riprese multispettrali, si ottengono più immagini, e quindi più matrici, della medesima scena osservata, una per ogni banda rilevata.
In tal caso, il pixel dell’immagine non è più costituito da una singola misura radiometrica, ma può essere considerato come un vettore di valori, composto da tanti DN quante sono le bande spettrali rilevate.
Nelle diverse bande spettrali cambia la risposta a seconda del tipo di superficie e quindi, analizzando la risposta rilevata dal sensore alle diverse lunghezze d’onda, è possibile discriminare una superficie da un’altra.
Quanto più è elevato il numero di bande rilevate dal sensore, tanto più precisa risulterà tale discriminazione.

4.2 Visualizzazione delle immagini rilevate

In un’immagine a 8 bit, i pixel neri equivalgono a DN=0, quelli grigi corrispondono a DN compresi tra 1 e 254, mentre quelli bianchi a un DN=255. Quindi, quando un’immagine digitale è visualizzata sul monitor di un pc, ogni punto dello schermo avrà un’intensità di luce, o livello di grigio, relativo al DN che caratterizza il pixel corrispondente e dipendente dalla funzione di trasferimento scelta.

4.3 Elaborazione delle immagini rilevate

Le immagini telerilevate da drone contengono delle distorsioni geometriche e radiometriche dovute sia al sistema di acquisizione (piattaforma + sensore), sia all’atmosfera che all’angolo geometrico di ripresa.
Ogni immagine telerilevata è quindi affetta da un certo numero di errori che ne compromettono il corretto utilizzo nelle applicazioni di agricoltura di precisione.
Si mettono quindi in atto delle procedure e metodologie al fine di correggere i difetti inevitabilmente presenti nelle immagini telerilevate. Tali elaborazioni preliminari all’utilizzo effettivo dei dati telerilevati costituiscono una condizione necessaria per permettere all’utente di utilizzare il contenuto informativo dei dati acquisiti in maniera corretta.
Le correzioni alle quali vengono sottoposte le immagini telerilevate si distinguono in due tipologie principali:
1) Correzione o calibrazione radiometrica: correzione delle distorsioni del segnale causate dall’influenza dell’atmosfera, dell’illuminazione, della topografia e dagli errori del sensore;
2) Correzione geometrica: correzione delle distorsioni spaziali causate dalla curvatura e rotazione terrestre, dalle variazioni di quota, velocità ed assetto del drone e dalle distorsioni relative al sensore.

4.3.1 La calibrazione radiometrica

La calibrazione radiometrica serve ad eliminare le distorsioni del segnale dovute al malfunzionamento del sensore e all’influenza delle condizioni esterne (atmosfera, illuminazione) al momento dell’acquisizione.
La calibrazione radiometrica delle immagini telerilevate consiste nell’applicare delle procedure per stimare in modo corretto la riflettività dell’oggetto osservato a partire dalla misura di radianza effettuata, operando quindi sui valori di DN ad essa associati.
Tale processo è realizzato attraverso tre fasi differenti, che rappresentano tre livelli di affinamento successivo::
1) calibrazione del sensore: conversione da DN a radianza al sensore;
2) calibrazione atmosferica: conversione da radianza al sensore a radianza alla superficie;
3) correzione solare e topografica: conversione da radianza a riflettività alla superficie.

calibrazione-radiometrica-400x569 La Riflettività e i Sensori Multispettrali

Una delle funzioni più importanti che i sensori remoti utilizzati in agricoltura di precisione devono garantire è la ripetibilità delle misure nel tempo, ovvero misure che abbiano valori assoluti e riferimenti di calibrazione stabili.
La calibrazione radiometrica di un sensore risulta fondamentale al fine di correlare il segnale osservato alla radianza effettiva che raggiunge il sensore.
Infatti, l’informazione spettrale rilevata non corrisponde esattamente a quella del bersaglio al suolo, perché risente dell’influenza dei pixel circostanti e dell’effetto atmosferico, che comportano un errore sul valore di radianza registrato dal sensore.

path-radiance-600x581 La Riflettività e i Sensori Multispettrali

La radianza totale misurata dal sensore LS è data da vari contributi:

radianza-totale-1 La Riflettività e i Sensori Multispettrali

dove:
LT = radianza dovuta alle informazioni spettrali sul bersaglio d’interesse derivante dai percorsi 1,3,5;
LP = radianza di percorso (path radiance), ovvero radianza dovuta agli effetti di diffusione atmosferica ed al contributo di aree adiacenti al bersaglio d’interesse e derivante dai percorsi 2,4.
Tali contributi di path radiance introducono il cosiddetto rumore radiometrico, che è necessario eliminare al fine di consentire un corretto processo di interpretazione dell’immagine.
Si presenta quindi il seguente problema: durante la rilevazione non viene misurata esclusivamente la radianza del bersaglio d’interesse, ma anche altre radianze provenienti da oggetti circostanti e dall’atmosfera.
Diventa quindi fondamentale e necessario eliminare i fenomeni che influenzano il valore di radianza misurato al sensore applicando opportuni modelli di correzione.

interazioni-radianza-600x465 La Riflettività e i Sensori Multispettrali

La calibrazione atmosferica cerca di minimizzare gli effetti di assorbimento e diffusione ed è essenziale per nelle applicazioni di telerilevamento che cercano di individuare determinate superfici di copertura a terra in base a curve di riflettanza nota.
La correzione atmosferica rappresenta una delle maggiori problematiche soprattutto nel processamento delle immagini satellitari.
La radianza vista dal sensore non è integralmente rappresentativa del bersaglio osservato a causa dei contributi aggiuntivi dovuti all’atmosfera che devono essere quindi rimossi per poter ricavare correttamente la radianza dell’oggetto osservato.
L’atmosfera influenza i dati telerilevati attraverso due modalità differenti:
1) smorza la radiazione (assorbimento)
2) agisce come una sorgente fittizia (scattering)
Infatti, una parte della radiazione che viene diffusa, chiamata path radiance, viene deviata dall’atmosfera direttamente al sensore senza fornire informazioni sugli oggetti al suolo.
L’effetto della diffusione, pertanto, si manifesta con una componente additiva che aumenta i valori di radianza misurati al sensore.
Risulta dunque indispensabile eseguire la correzione degli effetti atmosferici dalle immagini se:
– si opera sul rapporto fra due bande
– si vogliono dedurre dai DN le proprietà degli oggetti
– si vogliono eseguire analisi multitemporali
Sono disponibili numerose tecniche per la taratura della riflettanza, che permettono di passare dai valori di radianza misurati al sensore, o dai DN, ai valori di riflettanza delle superfici a terra.
Tali tecniche possono essere distinte in due grandi tipologie:
1) metodi di tipo relativo (basati su immagini);
2) metodi di tipo assoluto (basati su modelli matematici semplificati).

La correzione solare e topografica consiste nell’applicazione di metodi per la normalizzazione dei dati delle immagini acquisite:
– in stagioni differenti (cambiamento distanza Sole-Terra);
– in condizioni di illuminazione solare differente (considerare l’effettiva posizione del Sole al momento della rilevazione).
E’ anche necessario applicare un modello di correzione del terreno (DTM–Digital Terrain Model) per tenere in considerazione la morfologia del territorio osservato.
Le correzioni finora considerate hanno la funzione di eliminare gli effetti presenti nelle immagini legati all’influenza delle condizioni esterne presenti in maniera differente a seconda delle condizioni al momento della ripresa.

Riepilogando, la procedura generale per la calibrazione radiometrica delle immagini telerilevate risulta essere suddivisa nelle seguenti fasi:
– conversione DN in radianza;
– conversione radianza in riflettanza apparente al sensore;
– correzione atmosferica per ottenere la riflettanza al suolo;
– riconversione dell’immagine corretta in radianza e poi in DN.

4.3.2 La correzione geometrica

Gli errori geometrici sono dovuti a fattori legati alle relazioni geometriche tra sensore e bersaglio e sono di maggior rilievo nel caso di telerilevamento da satellite. Tra i fattori che provocano questi errori, abbiamo:
– il movimento relativo tra Terra e piattaforma di acquisizione;
– le caratteristiche del sistema di acquisizione;
– la curvatura della Terra;
– la presenza di orografia;
– le variazioni di posizione del sensore durante l’acquisizione dell’immagine.
Il processo di correzione geometrica permette di rendere l’immagine acquisita geometricamente congruente con l’oggetto prescelto, instaurando una perfetta corrispondenza fra la posizione del pixel nell’immagine e la sua collocazione sul territorio.
Le distorsioni geometriche possono essere distinte in due tipologie:
– sistematiche, presenti in tutte le immagini acquisite dal sensore e dovute alla rotazione e dalla curvatura della superficie terrestre;
– non sistematiche, presenti in modo differenziato nelle immagini acquisite dal sensore e dovute ai movimenti ed all’orbita del satellite.
Le distorsioni di tipo sistematico sono normalmente corrette applicando formule derivanti dalla modellizzazione matematica delle loro sorgenti, mentre tutte le altre tipologie di distorsione devono essere corrette mediante l’uso di Ground Control Points (GCP) adeguatamente distribuiti all’interno dell’immagine.
I GCP sono punti di riferimento di localizzazione certa al suolo e facilmente individuabili su un’immagine digitale. I valori delle coordinate al suolo dei GCP sono utilizzati per identificare delle funzioni di trasformazione aventi lo scopo di deformare l’immagine di partenza, collocandola correttamente nel sistema di riferimento prescelto.
La correzione delle distorsioni geometriche si ottiene attraverso due fasi:
1) la georeferenziazione, ovvero orientare l’immagine in un dato sistema di riferimento;
2) l’ ortorettifica, ovvero rimuove le variazioni di scala introdotte nelle immagini dalle differenze altimetriche della superficie attraverso l’utilizzo di un modello digitale del terreno (DTM).
Il prodotto che si ottiene è un’ortofoto, ossia un’immagine georeferenziata e geometricamente corretta che costituisce un’accurata rappresentazione della superficie osservata.
In sostanza, il trattamento delle distorsioni geometriche avviene attraverso la definizione di modelli che stabiliscono relazioni matematiche fra le coordinate oggetto e le corrispondenti coordinate immagine. Tali modelli vengono classificati in due grandi categorie:
– modelli empirici o non parametrici, che si basano su equazioni che non hanno alcun rapporto con la geometria di presa e non rappresentano quindi alcun significato fisico;
– modelli fisico–geometrici o parametrici, che utilizzano equazioni aventi un preciso significato fisico e geometrico.
Per qualsiasi modello di correzione geometrica è necessario individuare due differenti set di punti:
1) punti di controllo, per trovare la trasformazione per passare dalle coordinate immagine alle coordinate terreno;
2) punti di verifica, per valutare l’accuratezza della trasformazione adottata.
Una volta eseguita la correzione geometrica dell’immagine, è necessario determinare il valore da assegnare ad ogni pixel.
Le procedure che consentono di attribuire i valori di radianza dei pixel dell’immagine di partenza ai pixel dell’immagine finale corretta sono comunemente note come tecniche di ricampionamento.